
In bilico il futuro della normativa UE sui brevetti standard essenziali
Lo stop della Commissione europea alla proposta sui SEP solleva critiche e apre interrogativi su trasparenza, innovazione e competitività nel mercato unico.
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Nel 2023 la Commissione europea aveva presentato un piano per regolamentare i cosiddetti Standard Essential Patents (SEP), ovvero i brevetti indispensabili per implementare tecnologie standardizzate come il 5G o il Wi-Fi, oggi centrali in settori come automotive, energia intelligente e pagamenti digitali.
L’obiettivo era ambizioso: rendere più trasparente e prevedibile il processo di concessione delle licenze, riducendo i conflitti legali e favorendo un accesso equo all’innovazione. Tuttavia, a febbraio 2025, la Commissione ha annunciato l’intenzione di ritirare la proposta. Una decisione che ha generato un acceso dibattito all’interno delle istituzioni UE e tra gli attori industriali, sollevando interrogativi sul reale impegno dell’Unione per una regolazione equilibrata e moderna della proprietà intellettuale.
Il commissario europeo all’Industria, Stéphane Séjourné, ha motivato la scelta con la volontà di “stimolare un consenso più ampio” e di “spingere il Consiglio a prendere posizione”.
Sebbene il Parlamento europeo avesse già approvato la proposta con un’ampia maggioranza (454 voti favorevoli su 615), secondo la Commissione non si intravedevano margini per un accordo nel Consiglio. Alcuni Stati membri, come Irlanda, Svezia e Finlandia, hanno condiviso la posizione dell’esecutivo citando problemi strutturali nella bozza e il rischio di introdurre oneri normativi eccessivi. Altri, tra cui Italia, Francia e Germania, hanno invece insistito sull’importanza strategica del dossier per la resilienza industriale europea.
La spaccatura dimostra un conflitto profondo tra esigenze di semplificazione regolatoria e urgenze legate alla sovranità tecnologica.
Problema: il vuoto normativo sui SEP e le sue implicazioni
Il ritiro della proposta lascia irrisolti problemi strutturali del sistema brevettuale europeo. La mancanza di trasparenza nelle licenze SEP e l’asimmetria nei rapporti tra titolari di brevetti e utilizzatori finali penalizzano soprattutto le PMI che spesso non hanno le risorse per affrontare contenziosi costosi o negoziazioni opache. Organizzazioni come IP2Innovate hanno denunciato la mossa della Commissione come un “grave passo indietro” capace di indebolire l’ecosistema innovativo europeo e di inviare un messaggio negativo alle imprese che investono in tecnologie interoperabili. Contrariamente alla narrazione di un fallimento negoziale, il Parlamento aveva già adottato una posizione chiara e il Consiglio stava per avviare ulteriori discussioni. L’interruzione sembra quindi più una scelta politica inserita nella più ampia agenda di semplificazione dell’attuale Commissione, che una reale esigenza tecnica.
Da un punto di vista critico non si può ignorare che rinunciare ad una cornice regolatoria proprio nel momento in cui la domanda di trasparenza e interoperabilità è più alta rischia di compromettere la competitività dell’industria europea. L’assenza di regole armonizzate su scala UE può spingere le aziende ad operare in un quadro giuridico frammentato, disincentivando l’adozione di tecnologie comuni e rallentando l’innovazione. Inoltre una normativa sui SEP non rappresenterebbe un freno all’innovazione, come temuto da alcuni Stati, bensì un prerequisito per garantirne la diffusione in modo equo e bilanciato.
Scenari futuri tra attesa, incertezza e opportunità di rilancio
La Commissione ha tempo fino ad agosto per confermare formalmente il ritiro della proposta, ma le pressioni per riaprire il dossier sono forti. Il Parlamento, attraverso la commissione JURI e il suo presidente Bernd Lange, ha già espresso netta contrarietà all’abbandono. Un rilancio del dibattito in seno alle istituzioni europee resta quindi possibile, specialmente se sostenuto da una coalizione di Stati membri e investitori industriali. In alternativa si potrebbero esplorare modifiche mirate ad altri strumenti normativi come la Direttiva sull’enforcement dei diritti di proprietà intellettuale, per colmare almeno in parte le lacune esistenti.
Personalmente trovo sconcertante che si possa abbandonare un intervento normativo proprio nel momento in cui diventa più urgente. Parlare di semplificazione va bene nei comunicati stampa, ma qui non si tratta di alleggerire una burocrazia sterile: si tratta di fissare regole minime di trasparenza in un ambito dove oggi a comandare è spesso l’opacità, con un prezzo salato pagato dalle imprese più vulnerabili.
Chi lavora davvero con la tecnologia sa che l’innovazione non nasce nel caos normativo, ma nella certezza delle regole.
Se l’Europa si tirasse indietro adesso, non sarà la neutralità a prevalere: vincerà semplicemente il più forte.