
DNS4EU, la sovranità digitale passa da qui
«Là dove si perde la sovranità, si perde anche la libertà.»
— Charles de Gaulle
C’è qualcosa di sinistramente emblematico nel fatto che l’atto più semplice e quotidiano del navigare su internet, digitare un nome, cercare un sito, si trasformi in un gesto di resa senza che l’utente ne abbia coscienza.
Sì, resa. Perché dietro ogni clic, ogni richiesta DNS, quel meccanismo che traduce un nome in un indirizzo IP, si cela un atto di delega a poteri estranei, lontani e opachi.
Chi controlla il servizio DNS controlla il cancello d’accesso al sapere, alla comunicazione, al commercio, alla libertà stessa.
Non è un’esagerazione.
E quel cancello fino a ieri era saldamente in mano a colossi d’oltreoceano: Google, Cloudflare, OpenDNS. Giganti apolidi che rastrellano dati, profilano abitudini, nutrono algoritmi e apparati di sorveglianza con ciò che ingenuamente crediamo essere il nostro libero vagare nel cyberspazio.
Indice dell'articolo
DNS4EU, la rivolta della sovranità digitale
È qui che si inserisce DNS4EU, non come semplice progetto tecnologico ma come atto politico, culturale, morale. È la risposta, tardiva ma necessaria, dell’Europa al saccheggio digitale, all’espropriazione invisibile dei dati dei suoi cittadini, alla colonizzazione informatica perpetrata sotto le insegne dell’efficienza e della gratuità.
Sostenuto dalla Commissione europea e inserito nella Cybersecurity strategy e nella direttiva NIS2, DNS4EU non è un prodotto ma un’infrastruttura sovrana, un presidio di libertà. Il progetto è guidato da un consorzio internazionale che include enti come CZ.NIC, CVUT, Time.lex, deSEC, HUN-REN, ABILAB, NASK e DNSC, con il supporto di partner associati quali CESNET, F-Secure, il Ministero della Governance Elettronica della Bulgaria e il Centro Nacional de Cibersegurança del Portogallo, rappresentando una collaborazione transnazionale per rafforzare la sovranità digitale europea.
Il progetto è stato avviato ufficialmente nel gennaio 2023 e finanziato con oltre 10 milioni di euro nell’ambito del programma CEF Digital. Dopo una fase di sviluppo e test, è entrato pienamente in funzione il nove giugno 2025 con un obiettivo dichiarato: proteggere almeno 100 milioni di cittadini europei entro la fine dell’anno.
Ma che cos’è in concreto? Un resolver DNS sviluppato dalla società Whalebone, basato su tecnologie open source (Knot Resolver 6), ospitato su cloud rigorosamente europeo utilizzando fornitori come Scaleway, Datapacket, Hetzner e funzionante attraverso protocolli cifrati come DNS-over-HTTPS (DoH) e DNS-over-TLS (DoT).
Tutto il traffico DNS rimane entro i confini digitali dell’Unione; nessun dato fugge e nessuna query varca la frontiera.
È al tempo stesso uno scudo contro il male informatico: malware, phishing, ransomware vengono intercettati e bloccati alla fonte. È una barriera che protegge senza spiare, senza monetizzare, senza cedere nulla di quel capitale invisibile che si chiama identità digitale.
Come si usa e perché riguarda tutti
DNS4EU non è un software da installare, né un servizio per élite tecnologiche. È un bene pubblico digitale disponibile per chiunque. Privati cittadini, famiglie, aziende, pubbliche amministrazioni, istituzioni scolastiche e universitarie possono adottarlo liberamente.
Per usarlo basta configurare il proprio router o dispositivo inserendo gli indirizzi DNS forniti (istruzioni al termine dell'articolo). DNS4EU offre cinque profili di risoluzione: dalla modalità 'unfiltered' senza filtri, fino a 'full security' che include protezione da malware, controllo dei genitori e blocco pubblicità, adattandosi alle diverse esigenze degli utenti.
Non richiede abbonamenti, non raccoglie dati personali, non vende informazioni ai mercanti del web.
È gratuito, accessibile e al servizio esclusivo dell’utente. Almeno per ciò che riguarda la sua funzione pubblica e di base, perché dal 2026 il progetto dovrà reggersi su un modello economico che prevede servizi avanzati a pagamento dedicati a governi, aziende e operatori, necessari per garantirne la sostenibilità nel tempo. Questi includeranno opzioni come relazioni dettagliate, analisi approfondite e supporto personalizzato, proponendo soluzioni flessibili per le esigenze specifiche di ciascun settore.
Ma DNS4EU è molto più che uno strumento: è un gesto di autodeterminazione. È l’affermazione che la rete non è un territorio neutro e che la libertà digitale è parte integrante della dignità civile.
Privacy, sicurezza e la grande illusione della neutralità
Chi ancora crede nella favola di internet come spazio neutro non ha capito nulla del nostro tempo. La rete è un campo di battaglia. È territorio, potere, dominio.
DNS4EU si dota di una rete di Threat intelligence che attinge a fonti europee: CERT, CSIRT, operatori telefonici, ma anche ad un sistema proprietario sviluppato da Whalebone che gestisce un database di oltre 20 milioni di domini malevoli, aggiornato circa 150.000 volte al giorno, permettendo una protezione proattiva e tempestiva contro le minacce emergenti. Un sistema che scruta il traffico DNS in tempo reale, analizza l’entropia dei domini, intercetta certificati SSL sospetti, rileva comportamenti anomali e impedisce che le richieste degli utenti diventino strumenti inconsapevoli del crimine informatico o della sorveglianza di massa.
Una rete di protezione distribuita in 14 paesi europei con nodi sincronizzati che aggiornano le black list garantendo una reazione praticamente istantanea alle nuove minacce.
Resta però aperta una domanda che inquieta parte della comunità digitale: uno strumento così potente, così profondamente radicato nelle infrastrutture europee, potrà un giorno trasformarsi in un meccanismo di controllo anziché di liberazione? Pur nato per difendere, alcuni temono che DNS4EU possa facilitare l’applicazione delle censure nazionali.
La Commissione però rassicura: l’adozione resterà sempre volontaria e il servizio non sarà mai usato per limitare la libertà d’informazione.
La storia purtroppo ci insegna che ogni infrastruttura di potere contiene, latente, il rischio del suo abuso e non c’è algoritmo senza politica. Ogni scelta tecnica è una scelta di campo; chi controlla il DNS decide quali strade sono percorribili, quali porte restano aperte e quali si chiudono per sempre.
Le fondamenta giuridiche. Il GDPR e la direttiva NIS2
DNS4EU è il frutto maturo di un lungo percorso normativo. È l’applicazione concreta di principi che l’Europa ha inciso nelle sue leggi, a cominciare dal GDPR, il Regolamento generale sulla protezione dei dati: una legge che non si limita a tutelare la privacy ma riconosce il dato personale come estensione della persona stessa. Non un bene economico, non una risorsa da sfruttare, ma parte integrante della dignità individuale.
Il GDPR vieta il trasferimento dei dati personali verso Paesi terzi che non garantiscano un livello di protezione equivalente a quello europeo. E ciò, di fatto, rende incompatibile il flusso di dati DNS verso server situati negli Stati Uniti dove vigono normative come il Patriot Act e il Cloud Act che autorizzano le autorità a requisire dati senza vincoli territoriali.
Accanto al GDPR si colloca la direttiva NIS2 che eleva la cybersicurezza a questione di sicurezza nazionale d’interesse strategico. Questa impone agli Stati membri di garantire la resilienza delle infrastrutture digitali critiche, tra cui proprio il DNS. Non è più ammissibile che il cuore pulsante della rete europea risieda sotto il controllo giuridico di potenze straniere.
La rete è il nuovo campo di battaglia
Chi controlla il DNS controlla l’accesso; controlla l’esistenza stessa delle “cose” nella rete. È un potere che vale più di mille eserciti.
Gli Stati Uniti lo sanno perfettamente avendo costruito la loro egemonia digitale sul controllo delle dorsali, dei data center, dei principali resolver DNS mondiali. Chiunque utilizzi i loro servizi, anche inconsapevolmente, è soggetto alla loro giurisdizione.
La Cina, a sua volta, ha scelto la via dell’autarchia digitale. Il “grande firewall” non è solo uno strumento di censura ma l’affermazione radicale del principio di sovranità assoluta nello spazio virtuale.
E noi europei siamo rimasti per decenni prigionieri della nostra indecisione. Troppo deboli per competere, troppo pigri per emanciparci, troppo ingenui per comprendere che la rete non è un luogo di libertà ma di potere.
Potremmo quindi porre DNS4EU su un piano più elevato di consapevolezza, quasi un atto di ribellione a questo stato di cose. È la riaffermazione, finalmente esplicita, che la sovranità digitale è parte costitutiva della sovranità politica.
La libertà è una scelta
Quando tutto si fa cloud, quando ogni relazione, ogni parola, ogni gesto transita su server che non ci appartengono, la difesa della sovranità digitale non è più una questione tecnica. È una scelta morale, una questione di dignità.
DNS4EU non è la soluzione a tutto; non è un miracolo, non è una rivoluzione compiuta. Ma è un segnale, un seme, una possibilità.
Come ammoniva Cioran, il vuoto dell’Europa dà la vertigine. Eppure anche sull’orlo dell’abisso resta la scelta. DNS4EU è questa scelta: il modo più semplice, più concreto e più potente per dire no. Per dire basta al dominio silenzioso e invisibile dei nuovi imperi digitali.
È il primo passo per tornare padroni, almeno in parte, della nostra casa elettronica.
E nella lunga storia delle civiltà, dire no — anche una sola volta — vale più di mille proclami.
✅ BOX INFORMATIVODNS4EU in pratica: come funziona, come si usaCos’è:
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