Il confine tra benchmark e plagio nel caso Baby Bellies contro Aldi

Una decisione della Corte Federale australiana sancisce che l’uso di benchmark grafici non giustifica la riproduzione sostanziale di opere protette da diritto d’autore.

Indice dell'articolo

Introduzione

Mi ero già occupato di questa vicenda nel lontano 2023 quando il caso era appena stato avviato. Allora il punto centrale era ancora da chiarire: una confezione di snack per bambini può essere considerata un’opera protetta dal diritto d’autore? E fino a che punto è lecito ispirarsi a un design preesistente nel creare un nuovo packaging destinato alla grande distribuzione?

Ora, con la sentenza Hampden Holdings I.P. Pty Ltd v Aldi Foods Pty Ltd [2024] FCA 1452, la Corte Federale australiana ha risposto con decisione riconoscendo tutela autorale ai layout grafici della linea “Baby Bellies” relativi ai prodotti “Puffs”, condannando Aldi per violazione del copyright limitatamente a tali confezioni. 
Un caso che costituisce un importante riferimento giurisprudenziale per la tutela del packaging nel contesto del diritto d’autore.
Sebbene la sentenza non abbia valore vincolante al di fuori dell’Australia, può rappresentare un precedente persuasivo utile per orientare decisioni in altri ordinamenti, specialmente in ambito comparato o dottrinale.

Le origini della vicenda e le parti in causa

Un breve riassunto per inquadrare la situazione: Hampden Holdings IP Pty Ltd è titolare dei diritti sul marchio “Baby Bellies”, brand specializzato in snack biologici per l’infanzia. A partire dal 2017 affida a B&B Studio (UK) e a Lacorium Health Australia lo sviluppo di un nuovo layout grafico per il packaging dei propri prodotti, poi utilizzato dal 2018.

Le opere grafiche create – cinque da B&B Studio (i “B&B Works”) e quattro da Bruno Mota Chaves di Lacorium (i “Mota Works”) – sono state individuate puntualmente nel corso del processo e riconosciute dalla Corte come “artistic works” ai sensi della Section 10 del Copyright Act.

Aldi, nello stesso periodo, introduce sul mercato prodotti simili per tipologia e target, confezionati con un design grafico che i ricorrenti hanno ritenuto eccessivamente simile. È qui che nasce la controversia: Aldi ha usato i design di Baby Bellies come benchmark per il proprio sviluppo grafico ma, secondo Hampden e Lacorium, si è spinta ben oltre la semplice ispirazione.

Set di sette confezioni MAMIA per snack infantili non puffs, tra cui rice cakes e barrette alla frutta, ognuna illustrata con un gufo colorato.
Le sette confezioni “MAMIA” contestate ma non ritenute in violazione del copyright. La Corte ha stabilito che queste confezioni non riproducono in modo sostanziale le opere protette della linea Bellies.

La decisione della Corte: sostanzialità e intenzione

La Corte ha ricostruito nel dettaglio la sequenza di creazione delle opere, valutando se sussistesse un’effettiva titolarità del copyright da parte degli attori e se vi fosse stata una riproduzione “di parte sostanziale” da parte di Aldi. 
Il nodo giuridico, qui, risiede nell’interpretazione delle sezioni 36 e 115 del Copyright Act: una violazione si configura anche se viene copiato solo un frammento dell’opera, purché rilevante dal punto di vista qualitativo.

Aldi ha tentato di giustificare il proprio operato sostenendo che l’utilizzo delle grafiche Baby Bellies era solo “di riferimento” e che il risultato finale fosse sufficientemente differente. La Corte non ha condiviso questa impostazione accertando la presenza di elementi grafici, cromatici e compositivi troppo simili, tali da configurare una riproduzione sostanziale.


Non meno rilevante è stato l’accertamento della “flagrancy” della condotta: Aldi è stata ritenuta responsabile anche per danni aggiuntivi in ragione della persistenza nella vendita dei prodotti dopo le prime contestazioni, e per lo sfruttamento commerciale consapevole dell’appropriazione.

Il rigetto della controquerela e il valore delle prove

Aldi aveva avanzato anche una cross-claim sostenendo di essere stata destinataria di “minacce ingiustificate” da parte dei ricorrenti; linea difensiva respinta: la Corte ha infatti ritenuto che le comunicazioni intercorse fossero pienamente legittime e proporzionate all’esigenza di difesa del copyright.

Sul piano probatorio il caso è stato emblematico per la centralità assunta dai materiali grafici comparativi, dalle comunicazioni interne e dalla documentazione cronologica sul processo creativo. Il giudice ha osservato che l’assenza di un intento doloso esplicito non esclude la responsabilità: ciò che conta è l’oggettiva riproduzione di una parte rilevante dell’opera originaria.

Un precedente importante per la tutela grafica del packaging

Questo caso segna un punto fermo nel dibattito, anche europeo, su quando e come il design grafico del packaging possa beneficiare della protezione del diritto d’autore, accanto o in alternativa alla tutela come disegno industriale o marchio figurativo. 
La sentenza australiana dimostra che il confine tra ispirazione e copia è meno ampio di quanto molti operatori di mercato tendano a credere.

Le conseguenze sono chiare: se il benchmarking grafico è prassi comune, ciò non può giustificare l’adozione di soluzioni visive che si appropriano dell'identità espressiva altrui. Anche in assenza di confusione nel consumatore – che in questo caso non era oggetto di valutazione, trattandosi esclusivamente di una causa per violazione del copyright – resta la responsabilità quando la ripresa grafica è sostanziale.

Related post