
Chi possiede il Natale? Mariah Carey, le royalties e l'equilibrio instabile del copyright
La canzone "All I Want For Christmas Is You" ha generato oltre 60 milioni di dollari dal 1994. Un fenomeno economico e culturale, una sorta di marchio globale non registrato del Natale pop, tanto da spingere Mariah Carey a tentare (inutilmente) la registrazione del titolo "Queen of Christmas" come trademark ®️
In questo scenario non stupisce che qualcuno -Adam Stone, autore di un brano omonimo del 1989- abbia cercato di rivendicare una fetta del bottino.
Il problema? La legge sul copyright non protegge i cliché.
🔎 In una sentenza esemplare per chiarezza e rigore emessa pochi giorni fa, la giudice Almadani ha smontato l’intera accusa dichiarando il caso “frivolo”, le tesi “incomprensibili”, senza poi lasciare dubbi: le due canzoni condividono poco più che il titolo e il mood natalizio, nulla che basti a configurare una "substantial similarity".
Ma il punto non è solo giuridico, è culturale: perché continuiamo a usare il copyright come arma di rivalsa?
Non per tutelare un'opera, ma per punire un successo che riteniamo immeritato e nel mondo della musica lo vediamo spesso: l’illusione che un’idea vaga, un titolo o una suggestione possano fondare un diritto.
Ma il diritto d’autore non serve a compensare l’invisibilità di chi è rimasto indietro, serve a tutelare ciò che è stato effettivamente creato.
E sì, forse Mariah Carey ha scritto la canzone più natalizia del secolo giocando con cliché e motivetti riconoscibili, ma questa è anche la forza dell’arte "popolare": saper usare ciò che è di tutti per creare qualcosa che resta.
E se qualcuno ci riesce… beh, non è una colpa da sanzionare. È un talento!